Chi sono
Non è facile scrivere di se stessi. Forse non andrebbe mai fatto. In realtà, sono molto più arrogante di così.
Mi chiamo Michel Giovannini. Quando sono nato, il 14 maggio 1981, gli occhi lucidi del mondo cattolico guardavano con speranza e angoscia il Policlinico Gemelli a Roma. Io però sono nato a Trieste; erano le 9:47 quando, con un taglio cesareo, sono venuto al mondo. Minuto in più o minuto in meno, nel segno del Toro c'erano Marte, il Sole e Chirone. Non che cambi molto la faccenda, ma il sito web che ho utilizzato per generare il mio aspetto genealogico me lo segnala come un avvenimento importante a livello cosmico. Se invece guardiamo la situazione meteo ai fini divinatori: la temperatura massima è stata di 19° con una umidità media del 72%, la minima di 14° e una pressione media sul livello del mare di 1014 millibar.
Terra terra, la mia infanzia è stata quello che è stata. Unico alle scuole elementari ad aver avuto un solo genitore, mi posso ritenere un pioniere della crisi identitaria della famiglia tradizionale: mio padre beveva e mia madre lo ha buttato fuori di casa. Questa è la versione di mia madre, la verità mai la saprò. Tuttavia nemmeno mi importa di scoprire 'la verità', giacché tale consapevolezza nulla aggiungerebbe o toglierebbe alla mia vita. La fanciullezza la ho vissuta quindi così, spensieratamente incastrato tra questa freudiana assenza e una caterva di sport: tennis, ping-pong, hockey su prato e, soprattutto, calcio. Ho giocato nelle giovanili della Triestina con discreto successo, anzi, diciamo che ero proprio una promessa del calcio nazionale da un certo punto di vista, mentre da tutti gli altri punti sono stato una delusione: ho mollato lo sport e sono entrato nel magico mondo dell'obesità.
A scuola, maestri e professori mi hanno sempre definito come un alunno speciale. Solo adesso comprendo il senso di quel termine che loro, nel parlato, implicitamente virgolettavano: "speciale". Io però la ho presa sul serio quella considerazione, tanto che mi sono elevato a sproposito: tutti mi continuavano a ripetere che ero intelligente, ma che non mi applicavo; che ero intelligente, ma troppo vivace; che ero intelligente, ma. Dei giudici portentosi! Ero talmente intelligente che a quattordici anni ho lasciato la quarta ginnasio e mi sono dato alla vita brava. Nella successiva decade non ho fatto assolutamente nulla di produttivo, così come nulla di memorabile in negativo: l’unica cosa che ho fatto è stato sussistere, cioè mangiare e dormire.
Sono pochi i concetti filosofici realmente importanti, quelli dai quali non si può prescindere. In potenza e in atto sono due di questi. Il pulcino è la gallina in potenza mentre la gallina è il pulcino in atto; una palla rimbalza in potenza mentre una palla in uno sgabuzzino è ferma in atto. Ecco, per questa terribile fetta della mia vita io sono stato un uovo chiuso a chiave nello sgabuzzino sopraddetto. Anzi, di più! Per dirla più tragicamente: ho vissuto con incoscienza quelli che avrebbero dovuto essere gli anni più belli della mia vita e mi son confinato in un limbo nel quale il domani sembrava non giungere mai.
Non è che non mi rendessi conto di star buttando via del tempo prezioso, al contrario. Il punto è, difficile da dirsi sintatticamente, che chi è obeso guarda al proprio presente rimandando l'atto di vivere a un momento successivo, a un ipotetico istante in cui tutto il proprio tempo è convogliato e nel quale si ripone la propria illusione di fare ogni cosa che non si riesce a fare. In questa falsa attesa però il grasso aumenta giacché infinito è il mare delle mortificazioni che impone di rimandare il proprio futuro: la dieta la comincerò domani; appena magro ci proverò con quella bella ragazza; una volta operato allo stomaco riguadagnerò tutto il tempo perduto a rompere sedie di plastica e a dire di "no" al possesso della sola cosa che possiedo... la vita.
Su questo argomento, per quanto centrale nella mia esistenza, non so che altro dire e forse non voglio aggiungere altro. Sto scrivendoci un libro al riguardo... chissà che non riesca a terminarlo, prima o poi. Mi basti qui far rilevare che quando mi sono svegliato da questa follia, con acciacchi fisici (calcolo alla colecisti) e mentali (attacchi di panico continui) pesavo 188 chilogrammi. Cento e ottantotto! Cifra impressionante che ho - davvero! - difficoltà a scrivere. Mi tremano le mani.
Da questo coma cosciente mi sono tuttavia destato diplomandomi in ragioneria e programmazione informatica (2008) alle scuole serali. La ragioneria la ho sempre detestata e la programmazione la conoscevo già. Invero, nei dieci anni di nulla cosmico, alla faccia del Sole di Marte e Chirone, naturalmente ho – in gergo tecnico – fullato tre pg su WoW o, in altre parole, dedicato giorno e notte al giocare online, programmare, ecc. Adesso mi chiamerebbero Hikikomori, ma all’epoca nessuno mi chiamava.
Con un discreto ritardo sulla tabella di marcia della vita, mi sono quindi iscritto all'Università degli Studi di Trieste, dove ho conseguito la laurea triennale in Storia Moderna (2011), e successivamente all'Università degli Studi di Udine, per completare il ciclo di studi con un master’s degree in Scienze Storiche e Filosofiche, ove mi sono laureato con centodieci, senza lode (2014). Per chi fosse interessato, entrambe le tesi sono pubblicate e qui disponibili.
Se alla proclamazione la bilancia segnava 115kg, negli anni successivi ho toccato gli 88kg nell'accarezzare l'idea di continuare la carriera accademica con un dottorato, ma il mondo della ricerca in Italia sembra veramente impenetrabile per un outsider senza troppe qualità. Certo, sono dimagrito cento chili con solamente dieta e attività fisica, ma ciò non fa curriculum. Per questo motivo ho paventato l'idea di un dottorato all'estero, giacché colà non richiedono la famigerata "lettera di presentazione" (che io solitamente appello come di raccomandazione) e le borse di studio sembrano elargite con più oggettività. Tuttavia, dopo aver conseguito la certificazione IELTS academic a Cambridge ho - inaspettatamente - trovato lavoro in Italia (2016) e, data la situazione d'indigenza economica nella quale avevo vissuto gli ultimi anni, ho deciso di divenire il protagonista di una canzone di De André.